la Morfologia del Pronome
il Numero

testo - pag.1

NOVECENTO

Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa... e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire... Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi... Eppure c'era sempre uno, uno solo, uno che per primo... la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte... magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni... alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare... e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov'era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava (piano e lentamente): l'America. Poi rimaneva lì, immobile come se avesse dovuto entrare in una fotografia, con la faccia di uno che l'aveva fatta lui l'America. La sera, dopo il lavoro, e le domeniche, si era fatto aiutare dal cognato, muratore, brava persona... prima aveva in mente qualcosa in compensato, poi... gli ha preso un po' la mano, ha fatto l'America...

Quello che per primo vede l'America. Su ogni nave ce n'è uno. E non bisogna pensare che siano cose che succedono per caso, no... e nemmeno per una questione di diottrie, è il destino, quello. Quella è gente che da sempre c'aveva già quell'istante stampato nella vita. E quando erano bambini, tu potevi guardarli negli occhi, e se guardavi bene, già la vedevi, l'America, già lì pronta a scattare, a scivolare giù per nervi e sangue e che ne so io, fino al cervello e da lì alla lingua, fin dentro quel grido (gridando), AMERICA, c'era già, in quegli occhi, di bambino, tutta l'America.

Lì, ad aspettare.

Questo me l'ha insegnato Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento, il più grande pianista che abbia mai suonato sull'Oceano. Negli occhi della gente si vede quello che vedranno, non quello che hanno visto. Così, diceva: quello che vedranno.

Io ne ho viste, di Americhe... Sei anni su quella nave, cinque, sei viaggi ogni anno, dall'Europa all'America e ritorno, sempre a mollo nell'Oceano, quando scendevi a terra non riuscivi neanche a pisciare dritto nel cesso. Lui era fermo, lui, ma tu, tu continuavi a dondolare. Perché da una nave si può anche scendere: ma dall'Oceano... Quando c'ero salito, avevo diciassette anni. E di una sola cosa mi fregava, nella vita: suonare la tromba. Così quando venne fuori quella storia che cercavano gente per il piroscafo, il Virginian, giù al porto, io mi misi in coda. Io e la tromba. Gennaio 1927. Li abbiamo già i suonatori, disse il tizio della Compagnia. Lo so, e mi misi a suonare. Lui se ne stette lì a fissarmi senza muovere un muscolo. Aspettò che finissi, senza dire una parola. Poi mi chiese: "Cos'era?". "Non lo so." Gli si illuminarono gli occhi. "Quando non sai cos'è, allora è jazz." Poi fece una cosa strana con la bocca, forse era un sorriso, aveva un dente d'oro proprio qui, così in centro che sembrava l'avesse messo in vetrina per venderlo. 

A. Baricco

(proff. Galeotti e Vecchi)


lessico - pag.1

aveva in mente qualcosa in compensato = aveva in mente un modello che aveva costruito prima con il compensato (materiale che si usa per fare i modellini)

diottrie = la diottria è l'unità di misura del potere rifrattivo di una lente, in parole più semplici è la potenza che deve avere una lente per consentire agli occhi di vedere al meglio

piroscafo = tipo di nave a vapore (detta anche vaporetto) utilizzata nel XIX secolo per la navigazione nelle acque interne, e successivamente anche per le traversate oceaniche

(proff. Galeotti e Vecchi)


guida - pag.1

Oltre il testo

Puoi guardare i due film "La leggenda del pianista sull'oceano" tratto appunto dal libro di Baricco "Novecento" e "Titanic" (detto l'inaffondabile):

- per discutere le condizioni dei migranti europei verso le Americhe all'inizio del Novecento

- per fare un parallelo con la situazione odierna dei migranti e dei profughi dalle zone di povertà e di guerra dell'Africa e del Medio Oriente verso l'Europa

- Puoi vedere il film "Lamerica" di Gianni Amelio, in cui le immagini di un vecchio documentario sulla "colonizzazione" italiana in Albania durante l'epoca fascista, è la premessa per raccontare la situazione dell'Albania nell'ultimo decennio del XX secolo.

- Puoi leggere il racconto "Il lungo viaggio" di Leonardo SCIASCIA (ti diamo l'incipit):

Era una notte che pareva fatta apposta, un'oscurità cagliata che a muoversi quasi se ne sentiva il peso. E faceva spavento, respiro di quella belva che era il mondo, il suono del mare: un respiro che veniva a spegnersi ai loro piedi. ...

- Puoi vedere il film "Nuovomondo" di E. Crialese, in cui si affronta il tema dell'emigrazione italiana verso l'America agli inizi del XX secolo, con il particolare di tutte le difficoltà legate alla quarantena ad Ellis Island.

A proposito di Elis Island, puoi vedere il link con le varietà diatopiche della lingua dove trovi la lettera che una migrante italiana ha scritto alla fine del XIX secolo.

(proff. Galeotti e Vecchi)


teoria - pag.1

I pronomi personali di 1°, 2° e 3° persona HANNO il numero

Esempio: Tu sei alta (2° p. singolare)

              Voi siete alte (2° p. plurale)

I pronomi possessivi assumono il numero della cosa posseduta, ma la persona del possessore

Esempio: Gigi e Laura dicono: "Quella casa è la nostra" (nostra concorda in genere e numero con casa, ed è 1° p. plurale in accordo con i possessori  Gigi e Laura)

Gli altri pronomi (dimostrativi, identificativi, indefiniti, relativi) concordano il numero con quello del termine che sostituiscono

Esempio: Alcuni fiori profumano, altri no (concorda con fiori, plurale)

              Questa bici è mia, quella è tua (concorda con bici, singolare)

              Il giorno nel quale sono nata era soleggiato (concorda con giorno, singolare)

(proff. Galeotti e Vecchi)


esercizi - pag.1

 ESERCIZIO 1

Individua tutti i pronomi presenti nei brani e classificali in base al numero:

Certo la cosa non era difficile per il signor Utterson, poiché egli era l'uomo più riservato che potesse esistere, e persino le sue amicizie sembravano basarsi su un'analoga tolleranza e bonomia. È caratteristica dell'uomo senza pretese accettare il suo cerchio di amici così come gli viene offerto dalle mani del caso, e così faceva l'avvocato. Aveva per amici i propri consanguinei o persone che conosceva da moltissimo tempo; i suoi affetti, come l'edera, crescevano col passare del tempo e non richiedevano qualità particolari nell'oggetto. Di questo tipo era il legame che lo univa al signor Richard Enfield, suo lontano parente e noto uomo di mondo. Erano in molti a chiedersi che cosa quei due trovassero l'uno nell'altro o quali argomenti potessero avere in comune. Chi li incontrasse durante le loro passeggiate domenicali raccontava che i due non si scambiavano parola, avevano lo sguardo assente e accoglievano con evidente sollievo la comparsa di un amico.

Tuttavia i due uomini tenevano in gran conto queste passeggiate e le consideravano il momento più prezioso della settimana; e, pur di non spezzarne la continuità, non solo rinunciavano a occasioni di piacere ma resistevano persino al richiamo del lavoro.

Fu durante una di queste passeggiate errabonde che il caso li portò in una via secondaria di un popoloso quartiere di Londra.

...

In realtà non avevo affatto appetito. Quell'incidente incomprensibile, quel rovesciamento totale delle mie precedenti esperienze sembravano tracciare le lettere della mia condanna come il biblico dito sulla parete di Babilonia. Perciò cominciai a riflettere, più seriamente di quanto in precedenza avessi fatto, sulle possibilità e sulle conseguenze della mia doppia esistenza. Quella parte di me che ero riuscito a materializzare si era esercitata e irrobustita negli ultimi tempi: mi sembrava che il corpo di Hyde fosse aumentato di statura; quando assumevo le sue fattezze il sangue fluiva più generoso nelle vene. Cominciai a intravvedere il pericolo per cui, se la cosa si fosse prolungata, l'equilibrio della mia natura avrebbe potuto saltare, il potere di libera scelta sarebbe andato perduto, e il carattere di Edward Hyde sarebbe diventato definitivamente il mio.

L'effetto della droga non era stato sempre costante. Una volta, all'inizio, non aveva dato alcun risultato, e dopo di allora, in più di un'occasione, ero stato costretto a raddoppiare la dose, e in un caso anche a triplicarla, con alto rischio di morte. Queste incertezze, per altro rare, avevano gettato un'ombra sulla mia contentezza. Ora però, alla luce di quanto era accaduto quel mattino, dovevo constatare che, mentre all'inizio la difficoltà principale era stata di liberarsi del corpo di Jekyll, negli ultimi tempi, in modo graduale ma netto, si era andato verificando il fenomeno opposto. Tutto infatti sembrava indicare che stavo lentamente perdendo la mia identità originaria e migliore e mi stavo incorporando gradualmente nella seconda e peggiore natura.

Sentivo che dovevo scegliere. Le mie due nature avevano in comune la memoria, ma tutte le altre facoltà erano ripartite fra di loro in maniera diseguale. Jekyll (che era un misto delle due) concepiva e condivideva i piaceri e le avventure di Hyde ora con ansia timorosa, ora con bramoso entusiasmo; Hyde, invece, era del tutto indifferente nei confronti di Jekyll, o, tutt'al più, si ricordava di lui come il bandito di montagna ricorda la caverna in cui va a nascondersi quando è inseguito.

Jekyll aveva la sollecitudine di un padre, Hyde l'indifferenza di un figlio. Scegliere Jekyll significava reprimere quegli appetiti alla cui soddisfazione mi ero segretamente abbandonato e nei quali avevo cominciato a indulgere troppo. Scegliere Hyde voleva dire por fine a innumerevoli interessi e aspirazioni e diventare, all'istante e per sempre, un essere disprezzato e solitario. La scelta poteva apparire semplice, ma occorreva mettere sulla bilancia un'altra considerazione, e cioè che Jekyll avrebbe sofferto cocentemente di questa astinenza imposta, mentre Hyde non si sarebbe neanche reso conto di quanto avrebbe perduto. Per quanto strane fossero le circostanze, i termini della controversia sono antichi quanto la storia dell'uomo. Gli stessi timori e le stesse lusinghe inducono il peccatore, tremante e, insieme, attratto, a giocare la propria sorte; e, come succede alla maggior parte dei miei simili, finii anch'io per scegliere la parte migliore di me, ma non ebbi la forza sufficiente per mantenere questa scelta.

(R. L. Stevenson, "Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde")

(proff. Galeotti e Vecchi)

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